Di tanti pensieri
un solo volto,
al chiaro di luna.
(poesia “Identità” di Simone Magli)
Un ricordo
alle volte
è una delle cose
più confortanti
che abbiamo.
Per un vecchio
ad esempio,
certi ricordi
sono simili
a una carezza
di sole
in un giorno
di pioggia.
(poesia “Lacrime di gioia” di Simone Magli)
Nel ricordo
vive il senso
di ogni dubbio.
Solamente
accogliendo
la nostra storia
nell’insieme,
possiamo
amare
ciò che ci rende
imperfetti,
ma unici.
(poesia “Insieme” di Simone Magli)
Intero numero disponibile qui.
Stefania Lombardi, Università Europea di Roma – ORCID ID: 0000-0003-3545-1170
E-mail: stefania.lombardi@cnr.it
doi: 10.14672/vds20231ed1
(https://doi.org/10.14672/vds20231ed1)
Tennant e cosa è la Scienza Aperta
Come diceva Jon Tennant, scomparso di recente, la Scienza Aperta è la scienza fatta bene; il contrario della Scienza Aperta, infatti, non è la scienza chiusa ma la cattiva scienza. Nel campo della ricerca, innanzitutto, va fatta una prima distinzione tra settori bibliometrici (le STEM, ovvero “science, technology, engineering and mathematics” e anche, in campo umanistico, la sociologia e la psicologia) e quelli non bibliometrici (il restante delle materie umanistiche, tra cui questa rivista). A seconda dei settori, cambia il tipo di valutazione.
La Valutazione della ricerca e i settori bibliometrici e non bibliometrici[1]
Per i settori non bibliometrici, le riviste di primo riferimento sono quelle che l’ANVUR (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) ha classificato in fascia A.
Per ottenere la fascia A una rivista, ammesso che ci si avvalga della richiesta revisione tra pari, deve possedere almeno uno dei seguenti criteri:
a) qualità dei prodotti scientifici raggiunta nella VQR (Valutazione della Qualità della Ricerca) dai contributi pubblicati nella rivista;
b) significativo impatto della produzione scientifica, laddove appropriato.
La Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) è un esercizio periodico di valutazione condotto dall’ANVUR che valuta, appunto, la qualità dei risultati della ricerca delle Università e delle loro articolazioni interne (Dipartimenti e strutture assimilabili) e degli Enti di Ricerca, principalmente tramite valutazione tra pari (peer review).
Un articolo pubblicato su una rivista che dopo un certo numero di anni ottiene la fascia A, passa anch’esso in fascia A assieme alla rivista perché ha contribuito, con gli altri articoli, alla fascia A della rivista.
Per i settori bibliometrici, invece, si valuta l’Impact Factor (IF) della rivista assieme all’h-index dei singoli ricercatori.
L’Impact Factor misura (quindi è un indice) il numero medio di citazioni ricevute in un particolare anno dagli articoli pubblicati in una rivista scientifica (detta Journal e non Magazine come a volte si legge in alcune traduzioni di riviste nate in Italia) nei due anni precedenti. Gli indici sono di vario tipo e in questo caso parliamo di indice sintetico.
La formula è di seguito riportata:
Figura 1 https://clarivate.com/webofsciencegroup/essays/impact-factor/
L’indice H, o indice di Hirsch (più spesso, in inglese, H-index)[2], invece, è un criterio per quantificare la prolificità e l’impatto scientifico di un autore, conteggiando il numero delle pubblicazioni e il numero delle citazioni ricevute.
Discussioni sulla valutazione e le proposte
Nel corso degli anni non sono mancati gli studi scientifici atti a evidenziare alcune discussioni su alcuni indicatori: un esempio fra tutti è quello dell’Impact Factor per i settori bibliometrici[3].
Non sono esenti da nuove proposte anche i settori non bibliometrici con valutazione per fascia A delle riviste. In tal senso, è del 6 ottobre 2022 la notizia ufficiale che l’ANVUR è firmataria dell’accordo internazionale per la riforma della valutazione della ricerca sposando e facendo proprie le richieste di cambiamento che ogni sistema affronta[4].
Anche in questo caso non mancano certo i riferimenti per chiunque voglia approfondire[5].
Predatori
In questo scenario che poco ricorda la raccomandazione di Tesla[6], si fanno spazio l’editoria predatoria e le Shadow Libraries.
Rossana Morriello, PhD ne parla, molto approfonditamente, nel volume uscito per Ledizioni disponibile in PDF gratuitamente su Zenodo (https://doi.org/10.5281/zenodo.7614727).
Il libro inizia proprio con la considerazione che l’editoria predatoria non è una conseguenza diretta dell’Open Access (come ingenuamente si crede) e che attitudini predatorie, violazioni di etica e d’integrità della ricerca esistono persino da prima della nascita del digitale.
La cultura del publish or perish non fa che aumentare il fenomeno; i modelli dei transformative agreements che erano nati per esseri transitori e accompagnare verso la cultura dell’Open Access, hanno subito anch’essi delle stortureperché, basandosi sul pagamento di APC (Article Processing Charge) contribuiscono alla diffusione di pratiche predatorie perché diversi predatory journal hanno come obiettivo di farsi pagare.
Il confine tra predatory e non predatory è molto sottile e non sempre è facile distinguere una rivista predatoria, persino per gli esperti.
Tempo fa, Beall stilò una lista di riviste che erano sospette di essere predatorie.
Tra le liste bianche, invece, si segnala quella della Leiden University chiamata Bona Fide Journals, una matrice che invece di segnalare le riviste predatorie, certifica le riviste che sono sicuramente affidabili, grazie ai criteri adottati dai bibliotecari per questa analisi.
Open Access, Open Science e Dati FAIR
Abbiamo parlato di Open Access che è l’accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche ed è sotto il più grande cappello della Scienza Aperta. L’Open Access si basa sul principio che le ricerche finanziate con soldi pubblici devono essere al pubblico accessibili («every EU citizen has the right to access and benefit from knowledge produced using public funds», Neelie Kroes, European Commission).
All’articolo 4 del Decreto-legge “Valore cultura” ci sono commi importanti rispetto al tema dell’accesso aperto: “Le pubblicazioni che documentano i risultati di ricerche finanziate per una quota pari o superiore al cinquanta per cento con fondi pubblici […] devono essere depositate, non oltre sei mesi dalla pubblicazione, in archivi elettronici istituzionali o di settore, predisposti in modo tale da garantire l’accesso aperto, libero e gratuito”[7].
Fare Open Science tramite, in primis, Open Access e Open Data sono ormai obblighi per i progetti di ricerca finanziati dalla Commissione Europea. Pubblicare in Open Access non significa necessariamente pagare. Questa rivista, ad esempio, non è a pagamento. Non lo è per gli autori e nemmeno per i lettori. Eppure, molti autori identificano questo meccanismo perché nelle maggiori riviste (nel senso di riviste considerate più quotate e più prestigiose ai fini degli avanzamenti di carriera dei ricercatori) con alto Impact Factor per i settori bibliometrici o di Fascia A per i settori non bibliometrici, viene chiesto un pagamento agli autori per rendere le loro ricerche in accesso aperto. Gli autori non possono non pubblicare in accesso aperto se le ricerche provengono da un finanziamento pubblico e, sebbene il dato delle riviste Open Access a pagamento riguardi solo il 27%[8], per gli autori pare che non ci sia altro che determinate riviste in sedi editoriali prestigiose perché sono quelle quotate e ambite per gli avanzamenti di carriera. Si tratta di un meccanismo in cui, a volte, gli autori possono sostenere costi di pubblicazione non più sostenibili per l’era digitale.
Il precedente modello, in cui è il singolo cittadino a sostenere determinati costi, non è da contemplare.
Abbonamenti, contratti
Non tutto viene pubblicato ad accesso aperto; per poter garantire l’accesso ai contenuti nelle sedi editoriali più prestigiose, università ed enti di ricerca sottoscrivono abbonamenti, anche di diversi milioni di euro l’anno.
A questi abbonamenti si possono aggiungere anche i costi annuali per le pubblicazioni open access, per i contratti di edizione e per i servizi editoriali connessi alla pubblicazione.
I costi per i nuovi contratti Read&Publish possono includere riviste Hybrid (ibride; per rivista ibrida s’intende una rivista che ha l’opzione Open Access ma non completamente Open Access) OA (Open Access) e/o Gold OA (le riviste Gold sono Open Access e chiedono un pagamento per garantire l’accesso aperto) e comprendono da una parte i costi per accedere ai contenuti e dall’altra i costi delle APC per pubblicare OA gli articoli scientifici prodotti.
I costi dei contratti Read&Publish rientrano nel computo dei contratti trasformativi (transformative agreements) che nascono per spostarsi da un sistema basato su abbonamenti alle risorse elettroniche verso, invece, un nuovo sistema di copertura dei costi per la pubblicazione di articoli in Open Access e, pertanto, anche per l’abbandono delle riviste attualmente ibride e dell’annesso eventuale double dipping (doppio pagamento: per l’abbonamento e per l’opzione open access)[9].
Molti autori a volte non hanno contezza dei costi sostenuti dai propri enti e credono di accedere ai contenuti della ricerca senza costi.
Allo stesso tempo non c’è consapevolezza che il movimento per la Scienza Aperta sia inclusione e che si proponga di non lasciare indietro quei paesi che non possono permettersi costosi abbonamenti alle riviste scientifiche, per una più capillare ed equa diffusione e avanzamento della ricerca scientifica. La Scienza Aperta ingloba già quello che è il motto dell’Agenda ONU 2030[10], no one will be left behind, ovvero: nessuno deve essere lasciato indietro. La Scienza Aperta (Open Science) è: trasparenza, riproducibilità, collaborazione, inclusività, accessibilità, accuratezza, riuso.
Graham Steel (OS Advocate), sostiene che publishing research without data is simply advertising, not science; per questo, occuparsi dei dati e gestirli in modo attento sta diventando cruciale nel processo scientifico. Non dimentichiamo che le evidenze (pessima e fuorviante traduzione dall’inglese che ormai si utilizza comunemente, soprattutto tra gli addetti ai lavori) scientifiche sono spesso alla base di molte decisioni politiche; per questo è importante condividere in modo rapido e aperto i dati relativi alla ricerca. Lo scopo della Commissione europea è quello di diffondere le pratiche di una corretta gestione dei dati della ricerca, nel rispetto dei principi FAIR (findable, accessible, interoperable and reusable), tramite un Data Management Plan che è anche un deliverable di progetto.
Non bisogna, tuttavia, dimenticare le raccomandazioni di Carlos Moedas (past Commissioner for Research, Innovation and Science), il quale sostiene che i dati devono essere “as open as possible, as closed as necessary”.
Gli approfondimenti sull’opportunità della Open Science si possono trovare nello splendido terzo editoriale di questa rivista a cura di Elena Giglia e Paola Chiara Masuzzo e dal titolo: Open Science – tra ragione e passione. Tali approfondimenti hanno il loro apice nel breve e intenso quarto editoriale a cura di Nicola Cavalli e dal titolo Inaugurazione in Open Diamond.
Il Piano Nazionale per la Scienza Aperta
A fine giugno del 2022, il MUR (Ministero dell’Università e della Ricerca) ha pubblicato il Piano Nazionale della Scienza Aperta (PNSA)[11], attuazione del Decreto Ministeriale n. 268 del 28 febbraio 2022.
Alcuni articoli divulgativi citano e rielaborano la fonte de Il Sole 24 Ore[12] in cui si sostiene che la scienza aperta assieme all’European Open Science Cloud (EOSC) massimizza la fruizione delle scoperte scientifiche generate da risorse pubbliche, da parte dei ricercatori in ogni possibile disciplina, dei diversi attori economici e sociali, e della cittadinanza in senso più ampio (non dimentichiamo la Citizen Science, ovvero la scienza con i cittadini, anch’essa sotto il grande cappello della Scienza Aperta).
La prima pagina del Piano Nazionale per la Scienza Aperta risponde all’interrogativo del perché si debba fare Scienza Aperta definendone principi, ambito e scopo:
La ‘scienza aperta’ è un approccio al processo scientifico basato su collaborazione, condivisione aperta e tempestiva dei risultati, modalità di diffusione della conoscenza basate su tecnologie digitali in rete e metodi trasparenti di validazione e valutazione dei prodotti della ricerca.
La scienza aperta accresce l’efficacia della collaborazione e la riproducibilità dei risultati della ricerca. Essa aumenta il potenziale collaborativo con la possibilità di accesso ai dati e loro riuso per nuove analisi, anche di tipo interdisciplinare, e per l’insegnamento scientifico, nonché la fruibilità del sapere scientifico, in modo trasparente, a beneficio della società.
Per ‘accesso aperto’ all’informazione scientifica si intende la possibilità di reperire in rete le pubblicazioni scientifiche, i dati e ogni altro risultato della ricerca e dell’insegnamento scientifico, assieme ai metadati che li rendono fruibili, senza costi per l’utente e senza barriere giuridiche e tecniche.
I principi della scienza aperta sono:
• la conoscenza come bene comune;
• la collaborazione e la solidarietà tra scienziati, l’equità e l’inclusione;
• la trasparenza del processo e dei contributi usati per la produzione e la validazione dei risultati scientifici;
• la messa a disposizione gratuita e con diritti di riuso, in rete, dei risultati della ricerca e dell’insegnamento per la società, l’innovazione e
la citizen science;
• il rigore scientifico, la riproducibilità dei risultati sperimentali, la discussione critica dei dati, delle informazioni e della conoscenza resi
accessibili in rete […][13]. Come possiamo vedere, non ha proprio nulla a che vedere con i predatory journal e nemmeno con le Shadow
Libraries.
Shadow Libraries
In un ecosistema informativo complesso e “frammentato”, che comprende anche il mondo dell’editoria accademica, si sono consolidati da tempo anche alquanto controversi e illegali canali “ombra” definiti Shadow Libraries, “copie duplicate o sostitutive” e “controparti” di quelle “ufficiali”, con le “biblioteche pirata” Library Genesis (LibGen) per gli e-book e Scientific Hub (Sci-Hub) per gli articoli di periodici accademici. Le Shadow Libraries sono illegali e non sono un modo per fare Scienza Aperta; la Scienza Aperta cerca anche l’accordo con gli editori per far passare la propria filosofia; la via non può certo essere la pirateria che elude i contratti editoriali.
Allo stesso modo i ricercatori non sono nemmeno del tutto consapevoli che canali proprietari come ResearchGate o Academia non sono modi per fare Scienza Aperta proprio in quanto canali proprietari che oggi ci sono e domani potrebbero sparire con tutti i nostri contenuti ceduti.
Su questi canali i ricercatori si scambiano i prodotti della ricerca ma non tutti sanno che scambiarsi l’articolo con il layout editoriale non è quasi mai consentito, a meno che l’articolo non sia già in accesso aperto.
La via verde all’accesso aperto
Allo stesso modo, quando depositiamo un articolo in repository istituzionali o su Zenodo, ovvero, mentre pratichiamo quella che è chiamata la “via verde” all’accesso aperto (quella del deposito), dobbiamo sempre verificare che versione l’editore ci consente di depositare e se c’è un periodo d’embargo, ovvero un tempo che bisogna attendere prima di diffondere il nostro articolo.
Abbiamo detto che non è quasi mai consentito diffondere la versione con il layout editoriale, a meno che l’articolo non sia già in accesso aperto.
Possiamo diffondere il preprint (la versione dell’articolo prima delle revisioni effettuate tramite peer review) e il postprint, chiamato anche Accepted Manuscript (la versione dell’articolo che tiene conto delle revisioni effettuate tramite peer review); in entrambi i casi occorre verificare se è previsto un periodo di embargo. Su Sherpa-Romeo (https://v2.sherpa.ac.uk/romeo/) possiamo trovare queste informazioni per singola rivista. Questa rivista non ha periodi di embargo.
Questa rivista nasce per far proprio il cambiamento che la Scienza Aperta sta portando avanti.
Conservazione dei diritti
Spesso gli autori, pur di pubblicare su riviste ambite, sottoscrivono contratti in cui cedono tutti i diritti all’editore e non sanno che, così facendo, devono chiedere il permesso all’editore anche solo per utilizzare un grafico prodotto da loro stessi e che il loro articolo può essere modificato o tradotto senza il loro consenso. Questa rivista ha chiesto il patrocinio a titolo gratuito a un editore che sposa gli stessi principi, perché alla base di ogni collaborazione c’è una condivisione d’intenti.
I diritti per la versione online (la rivista nasce online) sono tutti degli autori; solo in caso di pubblicazione di un eventuale cartaceo saranno previsti accordi separati con l’editore.
La rivista è di filosofia e scienze umane e promuove l’unità del sapere. La collaborazione tra ambiti disciplinari differenti è ciò che si auspica.
A maggio 2023 l’ALLEA[14] (European Federation of Academies of Sciences and Humanities – Federazione europea delle accademie delle scienze e delle scienze umane) ha pubblicato uno Statement on Open Access Publication Under “Big Deals” and the new Copyright Rules[15] nel quale si raccomanda che le legislazioni nazionali seguano l’esempio di un numero crescente di Stati europei nel prevedere diritti secondari di pubblicazione (diritti di ripubblicazione) che diano ai ricercatori il diritto di rendere disponibile, senza embargo, la versione post-print degli articoli che sono il prodotto di una ricerca finanziata interamente o parzialmente con fondi pubblici, in archivi pubblici. Anche gli autori di libri accademici, capitoli di libri accademici e libri di ricerca editi dovrebbero essere incoraggiati a pubblicare il loro lavoro in OA, ove ragionevolmente possibile. Idealmente, tali diritti secondari di pubblicazione dovrebbero essere armonizzati e resi obbligatori a livello europeo[16]. Così facendo, la UE compirebbe un passo importante verso l’attuazione della raccomandazione della Commissione europea del 2018, che consiglia di rendere disponibili in modalità OA tutte le pubblicazioni scientifiche derivanti da ricerche finanziate con fondi pubblici entro il 2020[17], evitando di creare nuovi ostacoli per gli autori. Inoltre, in vista di collaborazioni internazionali che vadano al di là della UE, si dovrebbero compiere ulteriori sforzi per armonizzare i diritti di pubblicazione secondaria a livello globale. Infine, l’ALLEA raccomanda che gli istituti di ricerca e le organizzazioni di finanziamento diano priorità allo sviluppo di un ecosistema editoriale sostenibile senza scopo di lucro che consenta l’OA delle pubblicazioni scientifiche senza imporre indebite barriere finanziarie alla pubblicazione e che impedisca che le scarse risorse finanziarie vengano sifonate dal settore privato. Lo sviluppo di riviste guidate dalla comunità che non fanno pagare gli autori e i lettori (Diamond OA) sono un importante contributo a un panorama editoriale più equo e a un arricchimento della bibliodiversità. L’ALLEA accoglie, quindi, con favore e sostiene il Piano d’azione per il Diamond Open Access pubblicato nel marzo 2022[18].
Novità
È del 24 luglio 2023 la notizia[19] che lo Steering Board di CoARA (Coalition for Advancing Research Assessment) ha approvato la proposta di costituire un National Chapter italiano presentata di CoARA stessa. Il National Chapter italiano comincia i lavori a settembre 2023 sotto la guida delle co-chair Francesca Di Donato (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e Francesca Masini (Delegata per la scienza aperta e i dati della ricerca dell’Università di Bologna); esso si propone di sensibilizzare la comunità nazionale verso la riforma per la valutazione della ricerca promossa da CoARA, mediante la creazione di una rete attiva tra le organizzazioni aderenti per poter condividere da una parte le buone pratiche e dall’altra per discutere sulla revisione e lo sviluppo di criteri, strumenti e processi di valutazione della ricerca.
Cambiamento
Ci sono differenti iniziative istituzionali di varie università a sostegno di proprie riviste in Diamond Open Access, ovvero l’Open Access senza costi per chi scrive e per chi legge.
Con l’avvio di questa rivista si sostiene che, accanto a queste pregevoli iniziative istituzionali, debbano esistere (e coesistere) anche quelle nate al di fuori dall’ambito istituzionale e a favore della Scienza Aperta. In tal modo si può avere un ampio spettro di possibilità e di opportunità affinché le persone che operano nel mondo della ricerca ricordino il fine ultimo della scienza e decidano di sostenerlo: il miglioramento delle condizioni dell’umanità.
La Direttrice Editoriale
(e responsabile del coordinamento scientifico)
Stefania Lombardi
[1]Il 7 settembre 2015 ROARS pubblicava una sorta di spiegazione della bozza che è poi divenuto il piano attualmente in vigore: https://www.roars.it/la-bozza-del-nuovo-d-m-criteri-e-parametri-per-lasn-2-0/ (ultima visita sito web: 12 giugno 2023).
Si consiglia di approfondire anche con la lettura attenta della pubblicazione di Simone Aliprandi, “Fare Open Access” per Ledizioni Editore: https://books.openedition.org/ledizioni/5226 (ultima visita sito web: 12 giugno 2023).
[2]https://it.wikipedia.org/wiki/Indice_H (ultima visita sito web: 12 giugno 2023).
[3]Paulus, Frieder M., Nicole Cruz, e Sören Krach. 2018. «The Impact Factor Fallacy». Frontiers in Psychology. Frontiers Media SA. doi:10.3389/fpsyg.2018.01487.
[4]https://www.anvur.it/news/anvur-firmataria-dellagreement-on-reforming-research-assessment/ (ultima visita sito web: 12 giugno 2023)
[5]Di Donato, Francesca. 2022. «Una questione di qualità o una formalità? L’Agreement on Reforming Research Assessment e il processo di riforma della valutazione della ricerca in Europa». Zenodo. doi:10.5281/ZENODO.7433047. https://commentbfp.sp.unipi.it/francesca-di-donato-una-questione-di-qualita-o-una-formalita-lagreement-on-reforming-research-assessment-e-il-processo-di-riforma-della-valutazione-della-ricerca-in-europa/ (ultima visita sito web: 12 giugno 2023).
L’articolo di Di Donato è anche un esempio perfetto di open peer review nel senso pieno e più ampio del termine: articolo messo direttamente online con spazio ai commenti per la revisione tra pari e sistemazioni successive in una sorta di miglioramento continuo. Come rivista non abbiamo ancora attivato quel tipo di open peer review ma è quello che ci proponiamo nello spirito della piena collaborazione perché la Scienza Aperta è collaborazione.
In aggiunta, sempre a cura di Di Donato, un webinar illuminante: https://bbb-proxy.meet.garr.it/playback/presentation/2.3/c6d9f58ea2e26fb38b51033a62cb0e8d7fcfa42c-1673525757469 (ultima visita sito web: 12 giugno 2023).
A cura di Paola Galimberti, invece, c’è, dal 2 maggio 2023, un ottimo sunto su ROARS (https://www.roars.it/scienza-aperta-community-over-commercialization/) sull’opportunità della Scienza Aperta a fronte delle non poche insidie (ultima visita sito web: 12 giugno 2023).
Sempre su ROARS e della stessa autrice (27 agosto 2013) vedere anche: https://www.roars.it/obbligo-di-accesso-aperto-per-pubblicazioni-relative-a-ricerche-finanziate-con-fondi-pubblici/ (ultime visite siti web: 12 giugno 2023).
L’Accordo sulla riforma della valutazione della Ricerca è un passo avanti su questioni così urgenti ed è emblematico che sia stato siglato anche dall’ANVUR. Significa che il cambiamento è in atto.
Dal sito della Biblioteca del CNR dell’Area della Ricerca di Pisa (https://library.isti.cnr.it/) che è stato dismesso di recente perché confluito nel sistema SIBI (https://sibi.cnr.it/) apprendiamo anche di interessanti webinar di OASPA (Open Access Scholarly Publishing Association) su tematiche simili:
- Data sharing: what do we know and where can we go?
- Reviewing the Data on Knowledge Creation: Access, Governance and Equity
- Scholarly Communication in Crisis: Research Integrity and Open Scholarship
- Shadow Libraries and Access to Knowledge: Origins, Policies, Legality, and Accessibility
- Rights Retention for Books and Book Chapters
I webinar di OASPA sono consultabili sul loro sito (https://oaspa.org/information-resources/oaspa-webinars/). A parte anche:
- Academic Journals are Broken. Let’s Build a Better Scientific Record
- Science Europe Conference Report on Open Science
- EU ready to back immediate open access without author fees (ultime visite siti web: 12 giugno 2023).
[6]A testo ci si sta riferendo alla nota massima di Nikola Tesla che recita così:
La scienza non è nient’altro che una perversione
se non ha come suo fine ultimo
il miglioramento delle condizioni dell’umanità.
[7]https://def.finanze.it/DocTribFrontend/getArticoloDetailFromResultList.do?id=%7B6FFE0B3D-C073-490B-8C36-AB2B7712C27D%7D&codiceOrdinamento=200000400000000&idAttoNormativo=%7B2C33AA94-BCC0-402B-B4BF-822FD7B0A4D4%7D (ultima visita sito web: 6 giugno 2023). Si ritiene molto interessante l’approfondimento che se ne fa in La rivoluzione incompiuta di Roberto Caso per Ledizioni editore.
[8]https://www.techeconomy2030.it/2020/03/23/open-science-e-una-necessita-non-una-noia-burocratica/ (ultima visita sito web: 6 giugno 2023).
[9]Per delle spiegazioni più dettagliate ed esaustive si rimanda al sito Pubblicare Open Access al CNR (http://openaccess.cnr.it/) e i cui contenuti sono stati recentemente trasferiti sul nuovo sito delle Biblioteche del CNR (https://sibi.cnr.it/), inaugurato ufficialmente il 20 giugno 2023 (ultima visita siti web: 20 giugno 2023).
[10]https://unric.org/it/agenda-2030/ (ultima visita sito web: 6 giugno 2023).
[11]https://www.mur.gov.it/sites/default/files/2022-06/Piano_Nazionale_per_la_Scienza_Aperta.pdf (ultima visita sito web: 6 giugno 2023)
Utilizzare il sito ufficiale del MUR per il Piano Nazionale della Scienza Aperta; ad esempio, è pubblicato anche all’interno del sito dell’Università di Genova e attualmente (6 giugno 2023) il link non è disponibile.
[12]https://www.ilsole24ore.com/art/pubblicato-piano-nazionale-scienza-aperta-AEQJXehB (ultima visita sito web: 6 giugno 2023)
Per essere più precisi la Scienza Aperta comprende anche EOSC. Ad esempio, EOSC non è per il singolo ricercatore ma per l’intero processo di ricerca: perché, semplificando l’accesso sia ai dati che ai servizi, il beneficio finale sarà anche per i ricercatori ma nella parte iniziale non sono coinvolti (https://liste.cineca.it/pipermail/oa-italia/2023-May/005868.html, ultima visita sito web: 5 giugno 2023). Definendo EOSC come “EU node of the Web of FAIR data and services” si amplia di molto la prospettiva dato che la scienza è globale.
[13]https://www.mur.gov.it/sites/default/files/2022-06/Piano_Nazionale_per_la_Scienza_Aperta.pdf, 1 (ultima visita sito web: 6 giugno 2023). Utilizzare il sito ufficiale del MUR per il Piano Nazionale della Scienza Aperta; ad esempio, è pubblicato anche all’interno del sito dell’Università di Genova e attualmente (6 giugno 2023) il link non è disponibile.
[14]https://allea.org/ (ultima visita sito web: 12 giugno 2023).
[15]https://www.jipitec.eu/issues/jipitec-14-1-2023/5718 (ultima visita sito web: 12 giugno 2023).
Qui, una lettura maggiormente approfondita: https://www.jipitec.eu/issues/jipitec-14-1-2023 (ultima visita sito web: 12 giugno 2023).
[16]European Commission – DG for Research and Innovation. 2022. «Study on EU copyright and related rights and access to and reuse of scientific publications, including open access»: https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/884062d5-1145-11ed-8fa0-01aa75ed71a1/ (ultima visita sito web: 12 giugno 2023).
Vedere anche: Knowledge Rights 21. 2022. «A Position Statement from Knowledge Rights 21 on Secondary Publishing Rights»: https://www.knowledgerights21.org/wp-content/uploads/2022/10/Secondary-Publishing-Rights-Position-Paper.pdf (ultima visita sito web: 12 giugno 2023).
[17]European Commission Recommendation on access to and preservation of scientific information, 2018/790. https://eur-lex.europa.eu/eli/reco/2018/790/oj (ultima visita sito web: 12 giugno 2023).
[18]Science Europe, cOAlition S, OPERAS, and the French National Research Agency (ANR). 2022. «Action Plan for Diamond Open Access»: https://www.scienceeurope.org/media/t3jgyo3u/202203-diamond-oa-action-plan.pdf (ultima visita sito web: 12 giugno 2023).
[19]https://magazine.unibo.it/archivio/2023/07/24/luniversita-di-bologna-e-il-cnr-guideranno-il-national-chapter-italiano-di-coara (ultima visita sito web: 24 luglio 2023).
Dal sito della notizia:
Tra i punti principali c’è innanzitutto la volontà di abbandonare una valutazione basata unicamente su parametri quantitativi legati alle pubblicazioni in rivista, che ha generato un meccanismo di “publish or perish” che poco ha a che fare con la qualità del processo scientifico. A cui si aggiunge la necessità di riconoscere il valore complessivo generato dei ricercatori, ampliando i concetti di “prodotto” della ricerca (non solo pubblicazioni, ma anche dati, software, protocolli) e di “attività” della ricerca (dando il giusto riconoscimento ad attività come la peer review, il mentoring, l’impegno sul fronte delle politiche). La convinzione è che questo ampliamento della prospettiva migliorerà non solo la qualità della ricerca, ma anche la cultura della ricerca.