Salvatore Gullì, Università La Sapienza di Roma
avvsalvatoregulli1961@gmail.com
doi: 10.14672/VDS20242PR8
(https://doi.org/10.14672/VDS20242PR8)
Abstract
La principale tesi del saggio è che, già nel Seicento, Tommaso Campanella aveva previsto il declino della religiosità e della spiritualità europee. Dotato di un temperamento vulcanico, il filosofo non si era astenuto dal possente tentativo intellettuale di arrestarlo. Campanella, oltre a teorizzare una filosofia naturale della percezione del reale, ed oltre a conferire preminenza, in filosofia, all’elemento soggettivo, ha insegnato che l’essere del Cristianesimo vada riscoperto di continuo e che, parimenti, l’essere della stessa filosofia vada di continuo rigenerato. Già all’epoca del Campanella le radici culturali cristiane dell’Europa erano state gradualmente avvelenate. Da allora si profilava nel mondo un destino di ateismo, di tecnica governata da uomini avidi, di morte dei valori e di messa in soffitta di un inestimabile patrimonio di sapienza cristiana. Per onorare finalmente il padre Tommaso Campanella, studiandone attentamente l’opera ed emulandone lo spirito indomito, il cammino di salvezza – nei tempi attuali caratterizzati da desolante buio filosofico e da assenza di verità – potrebbe avviarsi concependo una metafisica antidogmatica, di continuo suscettibile di essere ravvivata, una metafisica intesa a far emergere nel mondo reale autentiche fonti di luce, di religiosa ragione e di vita armoniosa, fonti capaci di orientare una umanità sempre più dolente ed infelice.
Keywords: Campanella, salvezza, verità, metafisica, ateismo.
The essay’s central thesis is that, as early as the seventeenth century, Thomas Campanella foresaw the decline of European religiosity and spirituality. Gifted with a volcanic temperament, the philosopher had not refrained from a mighty intellectual attempt to arrest it. In addition to theorizing a natural philosophy of the perception of reality and in addition to giving pre-eminence in philosophy to the subjective element, Campanella taught that the being of Christianity should be continually rediscovered and that, likewise, the being of philosophy itself should be continuously regenerated and by the time of Campanella, the Christian cultural roots of Europe had been gradually poisoned. Since then, there loomed in the world a fate of atheism, of technology ruled by greedy men, of the death of values, and the stifling of a priceless heritage of Christian wisdom. To honour Father Thomas Campanella at last, by carefully studying his work and emulating his indomitable spirit, the path to salvation – in the present times characterized by desolating philosophical darkness and absence of truth – could be set in motion by conceiving an antidogmatic metaphysics continually susceptible to be revived, a metaphysics intended to bring out authentic sources of light in reality, adding religious reason and harmonious life, sources capable of orienting an increasingly sorrowful and unhappy humanity.
Keywords: Campanella, salvation, truth, metaphysics, atheism
Introduzione
Richiede paziente rigore indagare gli aspetti di sintesi di una figura complessa e filosoficamente imponente come quella di Tommaso Campanella[1]. Nel 1638, anno precedente la sua morte, quando il francese Mersenne aveva suggerito al filosofo e matematico Cartesio di leggere la Metafisica del famoso frate domenicano di Calabria -da qualche tempo esiliato in Francia- Cartesio gli aveva risposto di aver letto di Campanella, anni prima, il libro Del senso delle cose e della magia[2], ed aveva soggiunto all’amico che fosse superfluo rinnovare la lettura di un autore di cui non aveva condiviso il Pan sensismo ed il vitalismo finalistico diffusi nel reale. Peccò di superbia Cartesio e forse, inconsciamente, intuì che il destino tragico del filosofo calabrese non si sarebbe potuto invertire. Vivendo in tempi di declino della religiosità cattolica, Campanella appariva a Cartesio un italiano di genio comunque non predestinato a lasciare un’orma significativa nella storia del pensiero europeo. La filosofia cristiana sulle cui basi si era fondata la civiltà occidentale sarebbe vistosamente regredita -era l’esito paventato dallo stesso frate domenicano- e le altre filosofie, dopo aver adottato e consolidato una metodologia sperimentale ed empirica, si accingevano a prendere un’altra direzione, anche geografica, fino a consumare la propria forza speculativa nell’epoca del nichilismo contemporaneo. In precedenza, fra le figure più importanti di quell’epoca, anche Galileo Galilei, per prudenza, aveva dovuto tenere un atteggiamento distaccato verso l’amico Campanella -che gli scrisse significative lettere- in quanto filosofo inviso al regime spagnolo ed all’inquisizione ecclesiastica, e ciò, sebbene il pensatore di Stilo, spirito sottile e generoso, ormai in carcere da anni, gli avesse dedicato una “Apologia pro Galileo”, cioè una difesa memorabile per rigore dialettico e per acume logico, nella quale difesa egli aveva sostenuto che fosse sbagliato opporre alle dottrine scientifiche le dottrine teologiche, qualora le tesi scientifiche fossero state efficacemente dimostrate, ed aveva altresì asserito che fosse parimenti sbagliato confutare una dottrina scientifica in nome della teologia. Brillava, insomma, l’intelligenza di Campanella ed anche quello scritto ne aveva rivelato piena testimonianza. Galileo aveva conosciuto Campanella a Padova, nel 1597, quando, per circa un anno, un ristretto gruppo di ricercatori fisici e filosofi naturali avevano coinvolto anche il sagace calabrese di Stilo -ivi introdotto dal Granduca di Toscana- in esperimenti scientifici che rappresentavano la messa in opera di un metodo di approccio al reale che avrebbe rivoluzionato il pensiero scientifico e quello filosofico a venire. Campanella aveva già subìto due processi, ma era stato condannato a pene miti. A Padova, il filosofo calabrese aveva, fra l’altro, partecipato alla dissezione di un occhio umano e, in virtù di conoscenze di fisiologia e di medicina, aveva avuto modo di essere parte di un ambiente scientifico innovativo. Ma svanì presto, come da qui a poco si dirà, l’orizzonte di ricerca scientifica che si stava aprendo per lui. Campanella, intelligenza precoce, in età giovanile, aveva già scritto un’opera dal titolo “La filosofia che i sensi ci additano”, nella quale egli si era ispirato al pensiero di Bernardino Telesio, fautore di una nuova filosofia sensista della natura che contestava l’imperante aristotelismo diffusosi anche nei conventi domenicani. Il filosofo di Stilo, già in quel primo libro, aveva rivelato una conoscenza incredibilmente vasta, manifestando a chiare lettere l’intenzione di sprigionare potenzialità speculative straordinarie, considerati i suoi studi approfonditi e considerata la precoce assimilazione del pensiero di Agostino, dei platonici rinascimentali Ficino e Pico della Mirandola, di Plotino e dei più significativi padri della Chiesa. Durante il viaggio verso Roma e verso la Toscana Campanella aveva portato con sé manoscritti di sue opere che gli sarebbero state vilmente sottratte a Bologna, su mandato di inquirenti sospettosi. Egli aveva avuto la cattiva sorte di vivere in un’epoca di controriforma, caratterizzata cioè da lotte religiose e da politiche di contrasto delle eresie, in un’Italia contesa dalla Spagna e dalla Francia e governata secondo una machiavellica ragion di Stato. Essendo uno spirito possente per personalità, per volitività, per ingegno, per capacità di studio, per facoltà mnemoniche, le difficoltà della vita non potevano comunque frenarne la veracità, la possanza e la volontà di illuminare le menti. Peraltro, le sue origini umili -era figlio di un ciabattino che si era istruito presso i domenicani- avevano accentuato il desiderio di affermazione e lo avevano reso consapevole della triste realtà sociale del Sud Italia. Costretto a tornare nella sua Stilo, nel 1599, imbevuto di ideali e di profezie millenariste, avendo riscontrato in Calabria una condizione sociale di oppressione dei ceti poveri, incapace di mantenere un atteggiamento passivo, Campanella aveva finito per essere coinvolto in un progetto sedizioso contro il vicereame spagnolo di Napoli. La vicenda avrebbe segnato per sempre la sua esistenza. Scoperta la congiura, Campanella aveva subito una incarcerazione, per sedizione ed anche per eresia, nelle carceri di Napoli, Castel Nuovo, Castel Sant’Elmo e Castel dell’Uovo, durata addirittura dal 1599 al 23 maggio 1626 e, poco dopo, proseguita presso il Santo Ufficio romano fino al luglio 1628. Nel 1600 il filosofo aveva compreso che avrebbe potuto salvarsi da morte certa invocando la giurisdizione ecclesiastica, simulando la pazzia per quattordici mesi e sottoponendosi al supplizio della veglia, tortura bene descritta dallo studioso campanelliano Luigi Firpo[3], tortura così crudele da porre il filosofo, per i sei mesi successivi, fra la vita e la morte. Almeno otto anni di carcere, trascorsi anche nella famigerata fossa del coccodrillo, furono vissuti da Campanella in condizioni inumane, in segrete umide buie sporche e fredde. E tuttavia la sua tempra fisica sopportò tutto ciò. Ed anzi, in carcere, il frate domenicano riuscì a scrivere numerose opere, poesie filosofiche, “Metafisica”, trenta libri Theologicorum, Ateismo Trionfato, Della necessità di una filosofia cristiana, Epilogo Magno, Monarchia di Spagna, Città del sole, Astrolgicorum libri, Del senso delle cose e della magia, Quaestionesphysiologicae, Ethica, Quaestiones morales, Quaestiones politicae, Oeconomica, Dialogo politico contro Luterani, Antiveneti, Quod reminiscentur, Medicinalium libri, Discorsi ai Principi d’Italia, e molto altro. Il lascito dei suoi scritti costituisce l’aspetto eroico e commovente del calabrese. E infatti sia la vicenda carceraria sia l’impressionante forza di volontà ne hanno reso immortale la memoria.
L’Italia
Eppure, la cultura italiana continua ad avere un debito non ancora adempiuto verso di lui. Il suo pensiero avrebbe dovuto fecondare una scuola critica a lui ispirata ed invece la filosofia di Campanella, nonostante l’indubbia sua profondità, continua a non essere conosciuta né sufficientemente esplorata. Solo nel 1967 è stata tradotta dal latino, parzialmente, la citata Metafisica da un eminente suo studioso, Giovanni Di Napoli[4]. Quest’opera è centrale, unitamente alla vasta Teologia -curata da un eccellente Romano Amerio[5]– per cimentarsi in un cammino di comprensione della genialità del calabrese di Stilo. Per Campanella la metafisica è la dottrina che verte sui principi primi, sui fini e sui fondamenti delle scienze, dottrina che “supera” le teorie sulla natura e che si eleva alle prime cause ed alla causa suprema. Già nel proemio dell’opera, significativamente, egli aveva chiarito che fosse necessaria una scienza che trascendesse la fisica, dovendosi considerare “donde provengano la razionalità e la sapienza, e che cosa sia, e quale causa incorporea la generi…e per qual fine”.
È noto che le radici filosofiche di Campanella, agostiniane tomistiche e platoniche, hanno fatto sì che egli abbia concepito e fatto fluire, in tutte le opere della maturità, una dottrina primalitaria secondo cui potenza sapienza e amore costituiscono fondamentali ed onnipresenti principi costitutivi e dinamici di ogni ente. Ogni ente, secondo Campanella, può, in quanto esso è costituito da potenza di essere, sa, in quanto è costituito dal senso di essere, ed ama, in quanto orientato verso la conservazione di sé. Va detto che ogni principio primalitario dell’ente ha, dentro il medesimo ente, una peculiare connessione, un interno movimento, cosicché è dato rilevare che ogni ente che può tenda ad affermare la propria esistenza, ed inoltre che ogni ente che sa sia posto in condizione di tendere alla verità ed ancora che ogni ente che vuole, o che ama, sia posto in condizione di tendere al bene. Campanella ha inoltre mirabilmente precorso il problema dell’autocoscienza, anticipando così il pensiero moderno. Anche l’io è infatti strutturato dalla potenza, dalla sapienza e dall’amore. All’io è dato di sapere circa sé stesso ed esso è in grado di esercitare un potere su di sé, oltre ad essere in grado di amarsi. Il filosofo evidenzia poi che ogni ente, in sé stesso, sia dotato della peculiare facoltà di poter rapportarsi, di poter sapere e di poter amare l’essere di cui egli è partecipazione, cioè Dio. La metafisica campanelliana ha efficacemente delineato una processione ideale e reale da Dio al mondo delle cose. Fra le altre, le pagine della parte terza, libro XIV, della Metafisica, nelle quali egli ha dimostrato l’immortalità dell’anima, sono filosoficamente sublimi e bene avrebbe fatto Cartesio a leggerle.
Visione
Finalismo, visione organica del reale e del mondo, congiunzione fra religione e metafisica, costituiscono aspetti immortali del suo pensiero da interpretare a fondo nei tempi attuali. Si tratterebbe di compiere una disamina simile a quella che pregevolmente, nel 1929, in Processo e realtà, il matematico e metafisico Alfred Whitehead pose in essere degli scritti di Locke, di Cartesio e di Leibniz per elaborare, appunto,per la contemporaneità, una metafisica organicista relazionale e scientificamente ponderata. Alla stessa stregua, la metafisica di Campanella attende ancora di essere debitamente valorizzata e scoperta.
Nel pensatore calabrese, fra l’altro, anche la stessa concezione del diritto presuppone la citata struttura primalitaria della realtà. A riguardo egli aveva scritto: est enim ius idem quod iustum, il diritto è dunque, secondo Campanella, eminentemente giustizia e non supremazia dei potentati, cosicché una legislazione razionale dovrebbe presupporre una elevata sapienza metafisica.
Anche nella stessa immaginaria Città del Sole i Solari, operando peraltro una razionalizzazione assoluta del vivere sociale, professano la metafisica primalitaria asserendo che Dio “è somma Possanza, da cui procede somma Sapienza, e d’essi entrambi sommo Amore”.
Occorre ancora rilevare che in una fase in cui le eresie stavano destabilizzando il Cristianesimo, il filosofo aveva avvertito l’esigenza di rafforzare il cattolicesimo, riscoprendone l’universalità e l’autentico significato spirituale, tanto da concepire l’idea di Cristo-Dio quale Prima Ragione. Ebbene, ripercorrendo le sue maggiori opere, può riscontrarsi che la sua idea del Cristianesimo debba concepirsi ed attuarsi in termini di consacrazione e di potenziamento della razionalità.
Egli fu perseguitato perché i contemporanei non erano in grado di comprenderne ed assecondarne la preziosa vocazione, quella di porre rimedio alla sempre più ampia crisi di spiritualità che aveva spinto Campanella a prefiggersi di lottare contro ottusità e contro rigidità religiose politiche e filosofiche. La Chiesa e la filosofia italiana persero con lui un’occasione decisiva. Le eresie individualistiche e dissacranti finirono per apparire più rispondenti alla volontà dei governanti di liberarsi di dogmi scolastici e di tradizioni isterilite. Campanella, martirizzato, invano si era reso perfettamente conto di tutto ciò ed altrettanto invano si era ostinato nel tentativo di rinnovare il Cristianesimo e di restaurarne i principi originari. Ci fu purtroppo, come accennato, una cinica chiusura nei suoi confronti. Egli era troppo avanti con la mente ed oltretutto le sue condizioni esistenziali avevano finito per penalizzarlo fortemente.
Il pensiero
Il pensiero ateo intanto muoveva, sebbene celato, passi decisivi. Non a caso, Aristotele e Machiavelli erano bene accetti. Il primo aveva negato la creazione divina ed aveva inoltre un’idea meccanicistica di Dio inteso come motore immobile non interessato quindi a partecipare alcun valore divino. Il secondo, a parere del frate domenicano, aveva elaborato una visione prevaricante della politica che inevitabilmente tendeva ad estinguere nelle comunità nazionali la giustizia sociale ed i valori di buon governo. Si imponeva perciò per Campanella l’impellenza di distinguere diritto da dominio. Emergeva peraltro la tendenza delle scienze fisiche e matematiche ad espungere la necessità della filosofia e della religione.
In un contesto storico così problematico, Campanella, gigante osteggiato da nemici infidi cinici e insensibili, si prefiggeva di opporsi a tutto ciò. Egli aveva dunque previsto il declino della religiosità e della spiritualità europee e, dotato di un temperamento vulcanico, non si era astenuto dal possente tentativo intellettuale di arrestarlo.
Conclusioni
E tuttavia sarebbe riduttivo considerare il filosofo di Stilo soltanto un mero simbolo di invitta resistenza. Egli è stato molto di più. Ha insegnato che l’essere del Cristianesimo va riscoperto di continuo e che parimenti l’essere della filosofia va di continuo rigenerato. Ma avvelenate gradualmente le radici culturali cristiane dell’Europa, il tracollo della religiosità e della filosofia fu inevitabile. Da allora la situazione si è incancrenita ancora di più.
Preme non sottacere che un uomo prometeico come Campanella avrebbe forse potuto frenare detto tracollo, se fosse stato ascoltato nelle sedi autorevoli e se le avversità non lo avessero sommerso. Già dai suoi tempi si profilava nel mondo un destino di ateismo, di tecnica governata da uomini avidi, di morte dei valori e di messa in soffitta di un inestimabile patrimonio di sapienza cristiana.
Nei tempi attuali, caratterizzati da desolante buio filosofico e da assenza di verità, il cammino di salvezza potrebbe avviarsi concependo una metafisica antidogmatica e perciò di continuo suscettibile di essere ravvivata, una metafisica intesa a far emergere autentiche fonti di luce nel mondo reale, di religiosa ragione e di vita armoniosa, fonti capaci di orientare una umanità sempre più dolente e infelice. Se ciò si facesse, si onorerebbe finalmente il padre Tommaso Campanella, tanto da sentire, naturalmente, la pressante esigenza di studiarne attentamente l’opera e di emularne lo spirito indomito.
Bibliografia
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[1]Ad avviso di chi scrive, interpreti efficaci del pensiero metafisico di Campanella sono stati Giovanni Di Napoli e Romano Amerio. Di Giovanni Di Napoli si legga il fondamentale Tommaso Campanella Filosofo della restaurazione cattolica, volume denso e profondo, pubblicato da Cedam nel 1947. Di Romano Amerio si legga il saggio Campanella e soprattutto gli studi pubblicati sulla Rivista di filosofia neoscolastica: Ritrattazione dell’ortodossia campanelliana, 20 (1929), Le dottrine religiose di T. Campanella, 22 (1931), La diagnostica della religione positiva di T. Campanella, 23 (1932), Il problema esegetico fondamentale nel pensiero campanelliano, 30 (1939). Su Campanella è interessante anche il libro di Antonio Corsano, dal titolo Tommaso Campanella, pubblicato dalla casa editrice Principato, nel 1944.Nel primo volume della Storia della filosofia moderna del 1952, Cassirer ha svolto un sintetico esame della filosofia della natura; ivi, da pag. 273 e ss., è interpretato il pensiero di Campanella ed è richiamato, a pagina 307, l’interessante saggio di Sante Felici dal titolo Le dottrine filosofico-religiose di Tommaso Campanella, libro edito da Carabba nel 1895. Anche Hegel ebbe modo di attingere notizie su Tommaso Campanella dalla Historia critica philosophiae, volume IV, di Jacob Brucker, tanto da menzionarlo nelle sue Lezioni sulla storia della filosofia (si veda pagina 435 dell’edizione Laterza del 2009).Più di recente, soprattutto Germana Ernst, si è a fondo occupata del frate domenicano, fra l’altro, pubblicando da Laterza, nel 2002, il libro Tommaso Campanella e curando, parimenti da Laterza, Del senso delle cose e della magia. La stessa Germana Ernst, nel 2004, ha ottimamente curato la pubblicazione dell’opera L’ateismo trionfato, edito dalla Scuola Normale Superiore. Per quanto concerne il libro di Campanella Philosophia sensibus demonstrata, pubblicato dall’autore in lingua latina nel 1591, Luigi De Franco ha egregiamente tradotto in italiano il cospicuo volume, edito da Libreria Scientifica Editrice nel 1974.Fra gli studiosi di Tommaso Campanella un posto di rilievo assoluto spetta a Luigi Firpo, fra l’altro, curatore della Apologia di Galileo, di cui è pregevole l’edizione UTET del 1968. Le poesie filosofiche del Campanella sono state pubblicate da UTET nel 1977 a cura di Lina Bolzoni. Nello stesso volume sono contenute Poetica italiana e la parte quarta della filosofia razionale, cioè il libro della Poetica secondo i propri principi. Per penetrare la complessa personalità di Tommaso Campanella resta fondamentale il libro Lettere, edito da Laterza nel 1927, curato da Vincenzo Spampanato.Preme infine segnalare che l’Accademia Nazionale dei Lincei ha promosso, nel 1968, un convegno internazionale sul tema Campanella e Vico, ottimamente pubblicato nel 1969. Pregevoli gli interventi di Eugenio Garin, Luigi Firpo, Rodolfo De Mattei, Giovanni Di Napoli, Romano Amerio, Giulio Bruni Roccia, Giovanni Calò e Natalino Sapegno.Nel presente saggio è contenuto un richiamo all’opera filosofica capitale di Alfred North Whitehead dal titolo Processo e realtà, edita in Italia da Bompiani nel 2019, curata da Maria Regina Brioschi e brillantemente introdotta da Luca Vanzago.
[2]Campanella, Tommaso, e Germana Ernst (cur.). Del Senso delle Cose e Della Magia. Roma-Bari:Laterza, 2007.
[3]Luigi Firpo, del filosofo calabrese, ha altresì curato, da Mondadori, il volume Tutte le opere, nel 1954. Di Firpo si legga, fra l’altro, Il supplizio di Tommaso Campanella, edito da Salerno editrice nel 1985.
[4]Giovanni Di Napoli ha, inoltre, il merito imperituro di aver tradotto parzialmente in italiano, dall’originale latino del 1638, il libro di Tommaso Campanella Metafisica, pubblicato in tre volumi da Zanichelli nel 1967. Nel primo volume, Di Napoli ha curato una rigorosa nota bibliografica relativa agli scritti del filosofo stilese.
[5]Romano Amerio ha invece profuso il suo impegno scientifico nella cura della graduale pubblicazione di Campanella dei Theologicorum libri 30 e del Quod reminiscenturin quattro libri. Nel 1956 Augusto Guzzo e Romano Amerio hanno curato, per Riccardo Ricciardi editore, un’interessante antologia di opere di Giordano Bruno e di Tommaso Campanella .