di Antonina Nocera
Una – tra le tante- possibilità della scrittura, segnatamente del romanzo, è quella di potere costruire mondi perfetti che stringono assieme elementi disparati che mai avremmo pensato uniti, per quanto siano profonde le distanze che li separano. Un esempio di questo azzardo creativo è rappresentato dalla scrittura che Mario Cunsolo ha affrontato con il suo ultimo romanzo: “All’ombra del castello di carte” (Algra Editore).
Immaginate la Sicilia, nello specifico la zona orientale con a capo Catania, immersa letteralmente in un’atmosfera Cyberpunk e potete farvi un’idea del mix esplosivo che fa da sfondo all’ultima fatica letteraria di Cunsolo.
Tanto malinconica e meditabonda la Sicilia dei nostri scrittori, tanto concitato e straniante il mondo della letteratura scientifica. Un’operazione tanto più difficile, quella di ricreare una Sicilia cyberpunk, quanto sono più solidi gli immaginari che sostengono la tradizione della scrittura isolana, con i suoi capisaldi in trionfo, da Sciascia, Bufalino, Consolo per citarne tre tra i più importanti, che hanno segnato il solco della tradizione.
D’altro canto, le ambientazione dello sci-fi si prestano a qualsiasi setting: ecco che allora prende corpo Etna city, una Catania distopica che incarna tutti i mali della periferia degradata, invasa da oscuri magnati del gioco d’azzardo e in preda a un morbo della mente che sta decimando la popolazione. Dietro al grande disegno una sorta di grande fratello economico, la Grande Falce, ideato molti anni prima dal magnate della Yang Corporation, Sam Yang. L’apertura al sottogenere dell’ecopunk con riferimenti all’emergenza pandemica, rendono ancora più attuale e immersivo il messaggio del romanzo, incarnato anche dalla fisionomia dell’eroe protagonista, Rino Salvieri, Jolly boy, ex – sindaco considerato un nemico pubblico ma in realtà animato dal desiderio di salvare un mondo alla deriva, corrotto e putrefatto.
Amante del gioco, la sua sciarada ludica si appropria della realtà proprio con lo stesso piglio dissennato del giocatore d’azzardo:
“È il gioco stesso che alimenta la povertà e viceversa, in un circolo vizioso senza fine, in cui fa da padrona una sola regola scontata, la più amara: affinché ci sia un vincitore, deve esserci necessariamente un perdente!”
Parente del potere, il gioco, con la sua perfida bugia del “ tutto è permesso”, è la chiave di lettura di un mondo in cui gli elementi tipici della letteratura fantascientifica, incluso lo sguardo sul degrado dei luoghi, di irreggimentazione dei corpi dentro biotecnologie e apparati protesici, si fondono con la possibilità di credere che il riscatto, vissuto sia sul piano personale che collettivo, sia attuabile:
“Così come nel gioco del Poker, o in qualsiasi altro gioco in cui l’astuzia dell’uomo fa da padrona, la conoscenza del linguaggio del corpo e le strategie per ingannare, persuadere e illudere lo sfidante sono la vita maestra affinché si possa vincere una qualsiasi partita nel più duro dei giochi che si conosca: la vita”.
Emerge qui la connessione con la nostra isola tanto martoriata da ferite non sempre sanate, che talvolta sanguinano sulla scorta delle memorie di chi ha creduto fortemente in questo cambiamento e in suo nome ha sacrificato la vita.
Perché solo sulla soglia del vivere o morire, sulla resa di fronte all’abisso dell’arbitrio senza morale, si può operare quel cambiamento che Salieri sperimenta in un luogo senza luoghi, eterotopico, tra reale e immaginario, che è quello della coscienza, rimasta solitaria e priva di appigli metafisici. Si conferma la vena sociale di Cunsolo, nutrita sul solco di una letteratura che non abbandona le radici, ma le esalta e valorizza in un contesto straniante e gestito ottimamente nel dominio dello stile (nutrito da letture come Dick, Ballard, Gibson, e dai maestri della cinematografia) venato da quell’ironia, a tratti sarcasmo, che caratterizza le personalità forti e determinate dei suoi romanzi.
Non abbandonare la Sicilia – anche letterariamente parlando – ma renderla, come disse Sciascia, sempre grande metafora delle contraddizioni del mondo contemporaneo, con lo sguardo vigile dei lucidi folli pirandelliani.
“Il desiderio di onnipotenza, la smania del potere, il complotto finalizzato al controllo delle coscienze si impossessano dei potentati preda di un titanismo malvagio che depone ogni morale e viaggia alla conquista di un mondo che si salva appena prima di essere sopraffatto.
Salvieri, in cui non a caso ritroviamo l’etimologia della salus, della salvezza appunto, è però un antieroe disincantato che incarna la parabola della decadenza dei tempi pur rimanendo, a suo modo, un puro, realista più che pessimista, innamorato dell’amore, un siciliano perdurante nelle sue ostinazioni malinconiche, come nella migliore tradizione letteraria. Da Jolly boy, cinico ed egoista giocatore, Salvieri assurge a paladino di un mondo migliore, possibile, che si è forgiato sulle contraddizioni, sul male, sullo sporco residuo dell’essere umano. Un groviglio umano, che l’autore snocciola con una prosa chiara, iconica che non tralascia lo scavo interiore, un travaglio moderno dove l’etica, fatta a pezzi, si rigetta a scaglie su un mondo che sembra essere speculare a quello che vive oltre il testo, il mondo preda del Potere, della follia e del denaro: Cunsolo ne fa un puzzle che è lo specchio della nostra complessità [dalla prefazione]”.