Intero numero disponibile qui.
Luigi Aldieri, Università degli Studi di Salerno
E-mail: laldieri@unisa.it
doi: 10.14672/vds20231ip4
(https://doi.org/10.14672/vds20231ip4)
Abstract
Le analisi sullo sviluppo economico hanno consegnato interessanti note a favore delle nuove generazioni: il progresso tecnologico avrebbe aumentato i beni a disposizione, ridotto la povertà, aumentato l’aspettativa di vita. Il capitalismo avrebbe aiutato molte persone attraverso la globalizzazione, determinando pace e libertà. Con il tempo, possiamo vedere i risultati del percorso intrapreso e valutare le note da cui siamo partiti come un bluff economico. La globalizzazione ha prodotto importanti squilibri tra economia reale e finanza. La necessità di essere competitivi, attraverso la gestione dei costi di produzione, ha condotto ad una significativa riduzione dei salari ed un aumento della disuguaglianza economica. La crisi epidemiologica dovuta al virus SARS-CoV-2 (responsabile della malattia COVID-19) ha evidenziato le fragilità di un sistema sanitario reso troppo vulnerabile a causa dei continui interventi di politica, volti al miglioramento dell’efficienza economica. Ormai, è abbastanza chiaro che il solo criterio della concorrenza non produca risultati accettabili in ambito di assistenza sanitaria, dove i costi significativamente elevati danneggiano il benessere degli individui in paesi evoluti come l’America. Il calo demografico, caratterizzante i paesi promotori della globalizzazione, accentua i problemi della sostenibilità economica dei servizi di welfare: oggi i lavoratori percepiscono salari più bassi, rallentando i consumi, la domanda e quindi la crescita; domani non sarà assicurato il trattamento previdenziale come per le generazioni passate ma occorrerà fronteggiare una maggiore richiesta di servizi sanitari a causa dell’aumento dell’aspettativa di vita. Il disagio economico e sociale è misurato con l’incremento di suicidi e uso di droghe e alcolici nei paesi sviluppati. Abbiamo dimenticato che l’economia è una scienza sociale, non quantitativa, che l’obiettivo degli individui è di massimizzare il benessere, le regole economiche devono essere lette come strumenti per raggiungere tale fine. Quindi, il progresso tecnologico non è da bocciare ma il sistema economico è da riformare: il capitalismo e la globalizzazione hanno tradito le promesse.
Keywords: PNRR, transizione ecologica, benessere, longevità, bluff economico
Analyses of economic development delivered interesting notes in favor of the younger generation: technological progress would increase available goods, reduce poverty, and increase life expectancy. Capitalism would help many people through globalization, bringing about peace and freedom. With time, we can see the results of the path taken and evaluate the notes we started from as an economic bluff. Globalization has produced significant imbalances between the real economy and finance. The need to be competitive by managing production costs has led to a substantial wage reduction and increased economic inequality. The epidemiological crisis due to the SARS-CoV-2 virus (responsible for COVID-19 disease) has highlighted the fragilities of a healthcare system that has been made too vulnerable due to continuous policy interventions to improve economic efficiency. By now, it is pretty clear that the competition criterion alone does not produce acceptable results in health care, where significantly high costs harm the well-being of individuals in developed countries such as America. The demographic decline, characteristic of the countries promoting globalization, accentuates the problems of the economic sustainability of welfare services: today, workers earn lower wages, slowing consumption, demand, and thus growth; tomorrow, social security treatment will not be assured as for past generations, but it will be necessary to cope with a greater demand for health services due to increased life expectancy. Economic and social distress is measured by increased suicides and drug and alcohol use in developed countries. We have forgotten that economics is a social science, not a quantitative one; individuals’ goal is to maximize well-being, and economic rules must be read as tools to achieve that end. Thus, technological progress is not to be rejected, but the financial system is to be reformed: capitalism and globalization have betrayed their promises.
Keywords: Italian PNRR, ecological transition, well-being, longevity, economic bluff
Il ruolo della “memoria”
I paesi economicamente sviluppati hanno una forte esigenza di ‘innovazione’ per creare le opportunità utili ad affrontare la crescente competitività sul mercato dei beni e servizi, con l’obiettivo di incrementare il tasso di crescita reso timido, se non negativo, prima con la crisi economica del 2008 e poi con la situazione dovuta alla malattia COVID-19, ancora in corso.
Per comprendere a pieno il presente, occorre contestualizzarlo. La distinzione tra passato, presente e futuro è solo un’illusione umana. Infatti, nessun uomo inizia la propria vita da zero e con-vive con una comunità in modo da contribuire alla storia, lasciando traccia di sé (Rovelli, 2017).
Per questo motivo, per rendere efficace ogni sforzo posto in essere per costruire il nostro futuro, la speranza, non possiamo prescindere dal passato, la memoria. Purtroppo, non sentiamo più in maniera adeguata, dentro di noi, il senso della storia. Ciò è dovuto al processo di globalizzazione, ossia alla libera circolazione di persone, merci e capitali, che richiede una definita struttura socioeconomica, basata su una più debole identità nazionale con i relativi fondamenti storici, in modo da impedire che i localismi possano ostacolare la piena integrazione.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e la conseguente Transizione Ecologica, aspirano a raggiungere importanti obiettivi. Ma per cogliere a pieno la sfida e i risultati in futuro, occorre educare in maniera adeguata nel presente la consapevolezza dei singoli in quanto comunità con una visione strategica fondata sulla valorizzazione della cultura e delle competenze, per sentire di nuovo la memoria del passato dentro di noi.
Quadro economico generale
La situazione economica attuale è non positiva, e anche in prospettiva. Innanzitutto, vi è un declino demografico: in Italia, nel 2019 i 420.084 nati sono stati inferiori agli oltre 634.000 decessi (Censis, 2021). Questo rappresenta una caratteristica peculiare per l’Italia, dove il tasso di natalità (7,0 per 1000) è in larga parte minore della media europea (9,5 per 1000), secondo i dati Censis (2021). Purtroppo, l’Italia registra il valore più basso. Il risultato potrebbe essere spiegato, in primo luogo, con la riduzione delle donne in età fertile: possiamo osservare tra il 2009 e 2019 un calo di 1,3 milioni di persone con età compresa tra 15 e 49 anni (Censis, 2021). Questo dato strutturale si ripercuote inevitabilmente sul tasso di fecondità, quindi sulle nascite. Comunque, Censis (2021) stima che il 67% della differenza delle nascite sia attribuita alla riduzione delle donne in età fertile e il 33% alla riduzione della fecondità (da 1,45 nel 2009 a 1,29 nel 2019). Le donne in età fertile sono diminuite e solo marginalmente sono state compensate dalle donne straniere in arrivo. Infatti, anche le donne straniere residenti che lavorano affrontano gli stessi problemi delle donne locali e decidono di ritardare la maternità. Infatti, nel 2019 i figli di persone straniere ammontano a 62.918, cioè 14.787 in meno rispetto al 2013 (Censis, 2021). Comunque, i dati evidenziano ancora un tasso di fecondità delle donne straniere (1,98) più elevato di quello delle donne italiane (1,18), anche se si registra un calo del numero medio di figli delle donne straniere rispetto al 2010 (2,43). Un altro elemento importante da valutare è l’incremento dell’età media al primo parto, tendenzialmente in crescita rispetto agli altri paesi europei. Infatti, i dati Censis (2021) evidenziano un’età media al primo parto di 30,6 (rispetto alla media europea di 28,7) nel 2013 e di 31,2 (rispetto alla media europea di 29,2) nel 2018. Naturalmente, questo dato incide negativamente sulla fecondità e quindi sul tasso di natalità. Le politiche dello Stato sociale sono disegnate per una società giovane e in crescita, ma il sistema va in crisi per una società che invecchia e in calo. Nel 1951, potevamo osservare 31,2 milioni di potenziali lavoratori e 16,3 milioni di inattivi con un rapporto di due persone in età di lavoro per ogni inattivo (Tridico e Marro, 2023). Nel 2021, le persone in età di lavoro sono calate di mezzo milione, mentre gli inattivi sono aumentati di più di 5 milioni, conducendo ad un rapporto di 3 potenziali lavoratori per ogni inattivo. Si prevede che nel 2050, il risultato sarà di uno a uno (Tridico e Marro, 2023). Gli anziani, con età di almeno 67 anni, passeranno dagli attuali 11,8 milioni a 16,7 milioni nel 2052 (Tridico e Marra, 2023). L’allungamento della vita media richiede particolare attenzione alla spesa sanitaria. Purtroppo, il calo demografico crea una riduzione della popolazione attiva e la base contributiva non è in grado di fronteggiare l’emergenza, anche per la mancata adeguatezza dei salari. Quindi, il sistema di welfare disegnato per sostenere la crescita demografica ed economica con l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze, ora diventa uno strumento di sopravvivenza. Per favorire le nascite, indipendentemente da scelte personali su figli e famiglie, occorre incentivare economicamente l’occupazione femminile anche dopo la maternità, finanziando asili nido, con sconti contributivi e il rafforzamento dei congedi di paternità. La donna dovrebbe essere considerata per il suo importante contributo al benessere familiare e non solo per il contributo economico offerto attraverso l’occupazione. A tal fine, vale la pena osservare gli effetti positivi delle politiche a sostegno della famiglia sul tasso delle nascite in altri paesi europei (Danimarca, Francia e Svezia). Al problema demografico si associa quello migratorio. Nel 2018-2019, il numero di studenti dell’Italia meridionale immatricolati in Università settentrionali è stato di oltre 25.000 e dopo 5 anni dalla laurea un quinto resta nella regione di destinazione (Censis, 2021). Ciò alimenta il divario Nord/Sud e peggiora la crescita dell’area meridionale del paese. Comunque, anche il Nord Italia ha perso oltre 460.000 giovani con un’età compresa tra i 18 e 39 anni, perché trasferiti con residenza all’estero (Censis, 2021). Quindi, l’Italia è così caratterizzata da una fuga di competenze con ripercussioni economiche negative sul territorio complessivo.
Squilibri tra operatori nel sistema economico
Le innovazioni introdotte negli ultimi due secoli hanno trasformato la vita di miliardi di persone, favorendo il passaggio dalla povertà alle condizioni di ceto medio: il reddito è distribuito in maniera più omogenea rispetto al passato e molte malattie sono state debellate, consentendo di promuovere i consumi e di ridurre i decessi. Nonostante ciò, i lavoratori nei paesi sviluppati sono preoccupati. In particolare, lo studio di Case e Deaton (2015) evidenzia che almeno 500.000 americani di genere maschile e non ispanici sono morti tra il 2009 e il 2013 a causa di alcool, suicidi e droghe: un risultato del genere avrebbe richiesto 10 guerre in Vietnam. Lo stato di ansia del cittadino dei paesi sviluppati deriva dalla paura di perdere l’occupazione da ceto medio, con ripercussioni negative sulla famiglia e sulla Comunità a cui appartiene. La percezione è che tale situazione dipenda dal commercio globale o dal processo di automazione tecnologica delle precedenti mansioni. Poca rilevanza, invece, è attribuita al progresso tecnologico (Rajan, 2019). È importante, nella teoria economica, il dibattito sull’efficacia dell’intervento dello Stato. Secondo la Scuola Neoclassica, il mercato è in grado di assicurare l’equilibrio tra gli agenti e lo Stato deve garantire la difesa e la giustizia. Secondo la Scuola Keynesiana, l’incertezza degli investimenti (animal spirits) e gli insufficienti consumi possono condurre a disoccupazione involontaria (povertà nell’abbondanza). Pertanto, l’intervento dello Stato è ritenuto necessario dagli economisti keynesiani per favorire l’occupazione. In questa nobile discussione, non emerge il ruolo rilevante della Comunità. Per comunità, intendiamo un insieme di persone che vivono in un dato luogo e che condividono interessi storici e culturali. In questo modo, è possibile evidenziare il ruolo sociale dell’economia. Infatti, la società dipende da tre pilastri: lo Stato, il Mercato e …la Comunità. In seguito al rapido progresso tecnologico che abbiamo vissuto nel tempo, il pilastro della Comunità ha subito un indebolimento rispetto agli altri due, conducendo alla manifestazione degli episodi di nazionalismo populista o movimenti radicali di sinistra. Soltanto individuando le opportune soluzioni per restituire alla Comunità il potere perso a favore di Stato e Mercato, sarà possibile salvaguardare le democrazie e i benefici sociali derivanti (Rajan, 2019).
Il ruolo della longevità
Il progresso tecnologico e il miglioramento delle condizioni di salute hanno consentito alle persone di vivere di più. Sebbene la tecnologia sia stata molto studiata, occorre approfondire l’impatto della demografia sulla vita lavorativa.
Nascono nuove sfide e le scelte intelligenti che ognuno deve compiere per trasformare la maggiore aspettativa di vita in una opportunità e non in una maledizione devono essere valutate con cautela.
Mentre l’aspettativa di vita è aumentata per decenni, la società continua a strutturare la vita allo stesso modo del passato; ci istruiamo, lavoriamo, andiamo in pensione.
Le persone devono adattarsi, concentrandosi su beni immateriali e tangibili.
È evidente che molte pratiche attuali non sono adeguate a far fronte a una vita longeva e che gli individui, le aziende e i governi hanno tutti un ruolo da svolgere nel garantire che strutturiamo le nostre vite in modo diverso così da poter ottenere il massimo da una vita più lunga.
L’idea che una lunga vita sia buona: vogliamo vivere più a lungo, ci troviamo con più tempo a disposizione, ma potenzialmente meno per occuparlo (Gratton e Scott, 2016). Dall’altro lato della medaglia, per i governi, i datori di lavoro e le istituzioni finanziarie, il fatto che vivremo più a lungo è un importante problema che preferirebbero ignorare.
Grazie ai miglioramenti nella conoscenza in ambito della salute, ora possiamo affrontare malattie mortali meglio che mai; ulteriori sviluppi tecnologici renderanno le nostre vite più facili in termini di ore che dobbiamo dedicare al lavoro, e in qualche modo dobbiamo trovare un sistema per pagare tutto.
La tendenza è iniziata bene quando abbiamo sconfitto la mortalità infantile, seguita dalla lotta alle malattie della mezza età. Ormai abbiamo iniziato a vedere miglioramenti significativi nei tassi di sopravvivenza delle persone di 70, 80 e 90 anni. I tassi di sopravvivenza per i settantenni oggi sono simili a quelli che erano per i sessantenni qualche decennio fa, e quindi sotto questo aspetto i 70 anni sono davvero i nuovi 60.
Per comprendere i problemi relativi alla longevità, Gratton e Scott (2016) affermano che è importante separare mortalità e morbilità, dove la prima riguarda il momento in cui si muore, mentre la seconda riguarda la qualità del percorso che conduce alla morte. La morbilità consente alla tecnologia di applicare all’individuo le trasformazioni necessarie ad affrontare un più lungo futuro.
A tal fine, possiamo distinguere i livellatori che evidenziano il miglior risultato possibile raggiunto dalla ricerca scientifica. In secondo luogo, ci sono gli estrapolatori che sostengono che la tecnologia e l’istruzione continueranno a migliorare. Infine, ci sono gli acceleratori che basano le loro ipotesi sulla convinzione che siamo prossimi a importanti scoperte nella ricerca scientifica e tecnologica che aumenteranno la longevità. Incluse in questo terzo gruppo ci sono aziende (come Google), che hanno investito milioni di dollari con l’obiettivo di concentrarsi su salute, benessere e longevità (Gratton e Scott, 2016). La ricerca sta cercando di sconfiggere l’invecchiamento, ma c’è un timore generale di non poter finanziare un futuro indefinito, oltre a doverlo vivere in uno stato di precarietà. Quindi, il problema con la tecnologia al momento è che stiamo allungando la mortalità più velocemente di quanto stiamo affrontando la morbilità. In altre parole, la sfida della tecnologia non è tanto allungare la nostra vita, ma renderla più vivibile.
Possibili azioni di politica
Per molto tempo gli anziani hanno vissuto condizioni di disagio. Negli ultimi 30 anni possiamo osservare una situazione diversa: a causa delle nuove regole sul mercato del lavoro in tema di contratti di lavoro e partite IVA, i giovani sono i protagonisti del disagio. Da un lato, abbiamo raggiunto il tasso di laureati più alto di sempre: i giovani sono coloro che sono in grado di reagire meglio alle nuove opportunità di crescita generate dalla tecnologia, ma vivono in ambiente poco sensibile ai loro interessi e quindi incapace di trasferire le positive capacità umane a beneficio del sistema economico. Il calo demografico, descritto in precedenza, accompagnato da un forte grado di incertezza sui mercati, rendono ancora più povera la base produttiva del paese. Occorre quindi una politica più sensibile ai giovani per motivi di esternalità positive. Per troppo tempo, abbiamo osservato finanziamenti generalizzati in favore delle diverse categorie sociali, giustificate dall’opportunità di conservare sostegno politico. A causa delle condizioni economiche del paese, occorre coraggio: investire sui giovani con politiche adeguate a valorizzare il loro contributo. Infatti, dato che rappresentano il futuro, le proposte di anticipare l’età per esercitare il diritto di voto e ponderare il voto in base all’aspettativa di vita potrebbero essere seriamente considerate (Campiglio, 1995; Fubini e Taino, 2011). Tali proposte sarebbero giustificate dal fatto che nelle democrazie moderne il voto è simbolo del diritto di partecipazione a un dividendo sociale, di cui la spesa pubblica esprime la dimensione monetaria. Pertanto, la partecipazione dei giovani minorenni a questo dividendo sarebbe lasciata alla discrezionalità dei partiti politici. Ma sulla base dell’orizzonte politico, i bisogni dei giovani minorenni potrebbero non essere oggetto di interesse dell’agenda politica, dal momento che possono essere trascurati senza un danno immediato. Quindi, considerando delle idee già formulate in paesi come Germania e Austria, si potrebbe proporre di attribuire il diritto di voto fin dalla nascita, delegandolo ai genitori. In questo modo i partiti, fra loro in competizione per il consenso elettorale, avrebbero un sicuro incentivo a tenere conto dei bisogni e delle preferenze dei minori nei loro programmi elettorali o nell’azione di governo (Campiglio, 1995). Anche il sistema fiscale dovrebbe prendersi carico del rapporto intergenerazionale tra giovani ed anziani: ogni aumento di spesa a favore degli anziani dovrebbe essere compensata da un investimento in nuove opportunità a favore dei giovani (Tridico e Marro, 2023). Inoltre, potrebbe essere utile sfruttare l’esperienza vissuta durante la pandemia da SARS-CoV-2 (responsabile della malattia COVID-19) relativa all’uso dello smart working. Infatti, l’uso di questo strumento potrebbe favorire l’invecchiamento attivo, incentivando la trasmissione di conoscenze tra giovani ed anziani, ed evitando i pensionamenti anticipati. Inoltre, la tecnologia dovrebbe aiutare il benessere delle persone attraverso una rimodulazione dell’orario di lavoro. I dati statistici evidenziano un ammontare di ore di lavoro in Italia maggiore della media europea. Ci sono esperienze di settimane di lavoro di 4 giorni (Australia e Inghilterra), dove si sostiene la tesi che tali riduzioni di tempo di lavoro incidano positivamente sul benessere dei lavoratori e quindi sulla loro produttività (Coote, Harper e Stirling, 2020): un percorso graduale verso una settimana lavorativa più breve salvaguarda i guadagni per i meno pagati e sostiene l’economia. Infatti, questa trasformazione strutturale consentirà ai lavoratori il tempo di essere genitori e assistenti migliori, consentirà a uomini e donne di condividere il lavoro retribuito e non retribuito in modo più equo e contribuirà a salvare posti di lavoro, oltre che crearne di nuovi nell’era post-pandemia. Un altro aspetto rilevante è che tale strategia combatterà lo stress e le malattie causate dal lavoro e aiuterà a proteggere l’ambiente (Coote, Harper e Stirling, 2020).
Infine, come abbiamo osservato nei paragrafi precedenti, la situazione previdenziale rappresenta un altro problema da affrontare, a causa della difficoltà dei giovani a lavorare in maniera stabile, con retribuzioni ragionevoli e del calo demografico, che non è adeguatamente compensato da un opportuno flusso migratorio, che conduce ad un invecchiamento della popolazione. In tale contesto, per assicurare equità sociale, il sistema pensionistico dovrebbe discutere della possibilità di differenziare l’età di pensionamento in base al tipo di lavoro svolto (Tridico e Marro, 2023).
Bibliografia
Campiglio, Luigi. Prima le donne e i bambini. Bologna: Il Mulino, 1995.
Case, Anne, e Angus Deaton. Morti per disperazione e il futuro del capitalismo. Bologna: Il Mulino, 2015.
Censis. L’Italia e le dinamiche demografiche. Scenari e strumenti per affrontare il futuro. 21 giugno 2021.
https://www.censis.it/welfare-e-salute/l%E2%80%99italia-e-le-dinamiche-demografiche (ultima visita sito web: 22 maggio 2023).
Coote, Anna, Aidan Harper e Alfie Stirling. The Case for a Four Day Week. Hoboken, New Jersey, US: Wiley, 2020.
Fubini, Federico e Danilo Taino. “Il mio voto deve contare più del tuo”. Corriere della Sera. 18 novembre, 2011. http://lettura.corriere.it/debates/non-e-giusto-che-tutti-i-voti-siano-uguali/ (ultima visita sito web: 22 maggio 2023).
Gratton, Lynda e Scott Andrew. The 100-Year Life: Living and Working in an Age of Longevity. London: Bloomsbury, 2016.
Rajan, Raghuram G. Il terzo pilastro. La comunità dimenticata da stato e mercati. Tradotto da Matteo Vegetti. Milano: Bocconi Editore, 2019.
Rovelli, Carlo. L’ordine del tempo. Milano: Adelphi, 2017.
Tridico, Pasquale, ed Enrico Marro. Il lavoro di oggi. La pensione di domani. Perché il futuro del Paese passa dall’INPS. Milano: Solferino, 2023.