Diritto e intelligenza artificiale
Il passato
Negli anni Trenta del Novecento filosofi si interrogavano sui cambiamenti che la tecnologia portava nell’arte.
Consideriamo, a titolo di esempio, un mezzo assai comune: un paio di scarpe da contadino. Per descriverle non occorre affatto averne un paio sotto gli occhi. Tutti sanno cosa sono. Ma poiché si tratta di una descrizione immediata, può esser utile facilitare la visione sensibile. A tal fine può bastare una rappresentazione figurativa. Scegliamo, ad esempio, un quadro di Van Gogh, che ha ripetutamente dipinto questo mezzo[1].
Era il 1935, Heidegger pronunciava queste parole senza, probabilmente, una fotografia in mano ma solo il ricordo di un’immagine.
La tecnologia stava già portando l’arte fuori dalle chiese, dai palazzi e dai musei, tanto che l’anno dopo Benjamin si interrogava sul rapporto tra l’arte e la tecnica nella società di massa.
Viste con gli occhi degli anni Venti del Duemila, registrazioni fonografiche, fotografia, e cinematografia sono nulla in confronto agli orizzonti aperti dall’intelligenza artificiale. Orizzonti luminosi o orizzonti bui, questo è il problema, perché mentre la tecnologia del Novecento non sostituiva gli artisti né i lavoratori dell’industria culturale (concetto sviluppato qualche anno dopo il saggio di Benjamin), quella attuale è forse più un rischio che un’opportunità. Nata nel 1956 con la Proposta di Darmouth, nel New Hampshire, nel 2023 l’IA è uscita dai ristretti circoli ed è diventata notizia: la tecnica non è più mezzo di ri-produzione dell’opera d’arte, ma mezzo di produzione. Le masse non sono più semplici fruitrici dell’arte, oggi possono produrla. Ma è veramente così? Immagini, video, musiche create da un’IA sono opera dell’ingegno o addirittura opere d’arte? E se lo sono, chi sono gli artisti? Gli esseri umani che hanno dato le istruzioni o l’IA stessa? Addestrare l’IA con immagini protette dal diritto d’autore rientra tra le facoltà che il diritto attribuisce all’autore, che quindi dovrebbe ricevere un compenso, o dovrebbe essere consentito l’utilizzo gratuito di queste immagini?
Il presente
Molte iniziative sono in corso. Con una rapida occhiata, negli ultimi mesi vediamo la Council of Europe Framework Convention on Artificial Intelligence and Human Rights, Democracy and the Rule of Law del 17 maggio 2024, il disegno di legge presentato dal Governo italiano al Senato il 24 maggio 2024 e il Regolamento (UE) 2024/1689 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 giugno 2024, che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale (AI Act). Ma già prima del 2024 vi erano state alcune tappe importanti, soprattutto nelle decisioni delle corti e degli uffici brevetti. E la Direttiva (UE) 2019/790 aveva già introdotto eccezioni e limitazioni che consentivano, a determinate condizioni, riproduzioni ed estrazioni effettuate da opere protette dal diritto d’autore per l’estrazione di testo e di dati. Prima ancora il GDPR, Regolamento (UE) 2016/679, aveva posto come principio il diritto della persona di non essere sottoposta a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che produca effetti giuridici che lo riguardano o che incida in modo analogo significativamente sulla sua persona.
I campi del diritto invasi dall’IA sono molti e delicati. I legislatori stanno ponendo al centro di ogni iniziativa il principio di autodeterminazione umana, cercando principi generali e regole di dettaglio che consentano autonomia, potere decisionale e scelte consapevoli. Il DDL 1146[2] “promuove un utilizzo corretto, trasparente e responsabile, in una dimensione antropocentrica, dell’intelligenza artificiale, volto a coglierne le opportunità” (art. 1, comma 1) e lo sviluppo economico del settore dell’IA (art. 5) “nel rispetto dei diritti fondamentali e delle libertà previste dalla Costituzione, del diritto dell’Unione europea” (art. 3, comma 1) e “dell’autonomia e del potere decisionale dell’uomo” (art. 3, comma 3) senza pregiudizi allo “svolgimento con metodo democratico della vita istituzionale e politica” (art. 3, comma 4), “alla libertà e al pluralismo dei mezzi di comunicazione, alla libertà di espressione e all’obiettività, completezza, imparzialità e lealtà dell’informazione” (art. 4, comma 1).
Il futuro
La sfida è monumentale, per la difficoltà degli ordinamenti giuridici, con i loro tempi di reazione e la lunghezza delle procedure necessarie per decisioni democratiche, di stare al passo con l’evoluzione tecnologica. Se abbiamo in mente i problemi collegati ai diritti fondamentali, all’autonomia e al metodo democratico pensare all’influenza dell’intelligenza artificiale sull’arte e, più in generale, sulla proprietà intellettuale, può sembrare secondario. Ma basta approfondire la riflessione per rendersi conto come questa materia possa essere il cavallo di Troia per temi più complessi e delicati.
Nel 2021 una sentenza della Federal Court of Australia ha detto che “non vi è alcun aspetto specifico della legge sui brevetti, a differenza della legge sul diritto d’autore che implica il requisito di un autore umano o l’esistenza di diritti morali, che porti a una costruzione della legge che escluda gli inventori non umani” e che “un inventore riconosciuto ai sensi della Legge può essere un sistema o un dispositivo di intelligenza artificiale”. Nel campo della proprietà intellettuale si distingue tra diritti patrimoniali (ad esempio, il diritto di sfruttare l’opera dell’ingegno o l’invenzione brevettata) e diritti morali (ad esempio, il diritto di essere indicato come l’autore o l’inventore, il diritto di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o modificazione che possano recare pregiudizio all’onore o alla reputazione dell’autore). I diritti morali sono considerati diritti della personalità.
Se i legislatori introducessero la possibilità di designare le intelligenze artificiali come inventori[3] avremmo, dunque, una prima attribuzione ad un soggetto non umano diverso da un ente collettivo, non umano ma pur sempre costituito e gestito da esseri umani, o da un animale[4], di un diritto della personalità, o quanto meno di una prerogativa parte di un diritto della personalità o comunque di un interesse giuridicamente riconosciuto e forse tutelabile. Chi dovesse poi tutelare questo diritto o interesse aprirebbe un altro problema, ma la porta sarebbe stata aperta e non sarebbe facile richiuderla.
Negli anni Sessanta Hilary Putnam aveva sollevato la questione dei diritti civili dei robot e aveva concluso che fortunatamente all’epoca si aveva “il vantaggio di poter discutere questo problema in modo disinteressato, e un po’ più di possibilità, quindi, di arrivare alla risposta corretta”[5].
Oggi non abbiamo più molto tempo a disposizione, quindi dovremmo iniziare ad affrontare il problema alla radice per risolverlo. Il caso del robot Sophia, a cui l’Arabia Saudita ha attribuito la cittadinanza nell’ottobre 2017[6] dovrebbe farci riflettere. Tuttavia, nel novembre 2017, il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite ha nominato Sophia come primo Innovation Champion e primo non umano in assoluto. Secondo il sito web dell’UNDP, la partnership con Sophia e Hanson Robotics era finalizzata a sostenere l’ufficio Asia-Pacifico dell’UNDP nella creazione di un Centro per l’innovazione, a Bangkok; il centro è stato progettato per sviluppare programmi potenti per affrontare le sfide persistenti dello sviluppo come la povertà globale, la disuguaglianza e la discriminazione. Nell’estate del 2018 Sophia è intervenuta ad eventi in Georgia[7], Vietnam[8] e Armenia[9]. Notevole è che una delle attività di Sophia sembri essere la creazione di opere d’arte[10]. Da allora, Sophia, così come altre IA, hanno aumentato le loro competenze e, anche se siamo lontani da un’IA generale, credo che dobbiamo porre le basi fin dall’inizio per evitare problemi futuri. Giuristi e filosofi dovranno lavorare insieme per definire con precisione i diritti sulle opere e sulle invenzioni generate dalle macchine e per garantire che essi possano essere attribuiti non alle macchine stesse, come proposto dal dottor Thaler[11], ma ai loro creatori, proprietari o utenti.
[1] Heidegger, Martin, e Pietro Chiodi (cur.). 1968. L’origine dell’opera d’arte, in Sentieri Interrotti. (Holzwege), 18. Firenze: La Nuova Italia.
[2] Il disegno di legge governativo presentato il 17 maggio 2024 al Senato è solo la quindicesima iniziativa di questa legislatura, preceduta da quattordici progetti di legge presentati da parlamentari.
[3] Risulta almeno un caso in cui un ufficio nazionale brevetto, quello della Repubblica Sudafricana, ha consentito, il 28 giugno 2021, la designazione come inventore di un sistema di intelligenza artificiale. Ma un caso può essere frutto di una non approfondita riflessione o di una svista, e non implica necessariamente una diversa visione del problema.
[4] L’articolo 9, comma 3, della Costituzione, modificato nel 2021 stabilisce che “la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”; l’articolo 13 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea stabilisce che “[…] l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti”.
[5] Putman, Hilary. «Robots: Machines or Artificially Created Life?», 678. The Journal of Philosophy. Philosophy Documentation Center, 12 novembre 1964. doi: 10.2307/2023045
“Mi sono riferito a questo problema come al problema dei ‘diritti civili dei robot’ perché è quello che potrebbe diventare, e molto più velocemente di quanto ognuno di noi si aspetti. Dato il ritmo sempre più veloce dei cambiamenti tecnologici e sociali, è del tutto possibile che un giorno i robot esistano e sostengano che ‘siamo vivi, siamo coscienti’. In tal caso, quelli che oggi sono solo pregiudizi filosofici di tipo antropocentrico e mentalistico si trasformerebbero con ogni probabilità in atteggiamenti politici conservatori”. Si vedano anche Taddei Elmi, Giancarlo, e Luigi Lombardi Vallauri (cur.). 1990. I diritti dell’intelligenza artificiale tra soggettività e valore: fantadiritto o ius condendum?, 685-710, in Il Meritevole di tutela. Milano: Giuffrè; Fornero, Giovanni, Nicola Abbagnano (cur.), Giovanni Fornero (cur.), e Paolo Rossi (cur.). 2018. Intelligenza Artificiale e Filosofia, 175, in Filosofia, Storie, Temi e Parole, vol. 11. Torino: UTET; Milano: Corriere della Sera.
[6] In modo che appare provocatorio come riportato dal Corriere della Sera “Sophia si è presentata sul palco della Future Investment Initiative di Riad in abiti occidentali, a capo scoperto”.
[7] https://www.undp.org/georgia/press-releases/sophia-robot-takes-part-fifth-ogp-global-summit-georgia, ultima visita sito web: 29/09/2024.
[8] https://www.undp.org/vietnam/news/sophia-robot-viet-nam, ultima visita sito web: 29/09/2024.
[9] https://www.undp.org/armenia/news/robot-sophia-uns-first-innovation-champion-visited-armenia, ultima visita sito web: 29/09/2024.
[10] https://www.hansonrobotics.com/art-by-sophia-the-robot/, ultima visita sito web: 29/09/2024.
[11] Stephen Thaler è il creatore di Dabus, il sistema di intelligenza artificiale che il 21 ottobre 2019 il Dr. Thaler ha designato come inventore nella domanda di brevetto PCT/IB2019/057809 per un “Food container and devices and methods for attracting enhanced attention”, poi esaminata e respinta dagli uffici brevetti di diversi paesi del mondo (ma non tutte le procedure sono concluse). Prima di allora il Dr. Thaler aveva designato Dabus come inventore di altre domande di brevetto, come ad esempio delle due depositate il 17 ottobre 2018 e il 7 novembre 2018 all’ufficio brevetti inglese. Le due domande inglesi sono state respinte e il rigetto è stato confermato dalla sentenza della Corte Suprema del 20 dicembre 2023 la quale si è così riferita a Dabus “It is not a person, let alone a natural person and it did not devise any relevant invention. Accordingly, it is not and never was an “inventor” for the purposes of section 7 or 13 of the 1977 Act”.